Un pomeriggio interessante e stuzzicante quello organizzato da FIDAPA Genova Due, il 16 novembre, presso l’Accademia Ligure di Scienze e Lettere con Giovanna Rotondi Terminiello.
Già Sovraintendente della Liguria, ormai da tempo in pensione, non ha minimamente perso lo spirito arguto che, coadiuvato da una memoria di ferro e un coraggio da leoni, ne fa una persona assolutamente speciale. Degna figlia, è il caso di dirlo, di tanto padre, Pasquale Rotondi. Non possiamo esimerci nominandolo, dal ricordare tale esimio personaggio che nominato Sovrintendente nel 1939, si trovò in mezzo ad un ciclone che riuscì a far sfogare senza rimanerne travolto. Per questo e precisamente per aver salvato migliaia di opere d’arte dalla catastrofe bellica fu insignito, decenni dopo, della Medaglia d’Oro al Valore Civile. A lui è stato intitolato nel 1997 il premio che porta il suo nome e che ogni anno da allora, al Teatrino della Rocca Ubaldinesca di Sassocorvaro viene assegnato ai salvatori dell’Arte, a quegli “eroi normali” che praticano l’arte di salvare l’arte. Fu merito suo infatti individuare, trasportare e custodire in un luogo sicuro circa diecimila opere d’arte per proteggerle dai rischi della guerra imminente. Tale operazione di salvataggio, condotta nella massima segretezza ed avventurosamente coordinata nel corso dell’intero conflitto, permise di salvaguardare dallo scempio quello che lui stesso definì “il raggruppamento di opere d’arte più importante mai realizzato al mondo”. * Le mise al sicuro nella Rocca di Sassocorvaro e il Palazzo dei Principi di Carpegna, che furono individuati dopo attenta indagine come luogo idoneo alla custodia di tali capolavori. Al diffondersi allora della notizia del progetto gli addetti ai lavori, fecero confluire le opere da salvare dai musei e dalle chiese di Venezia,Urbino, Pesaro, Fano, Ancona, Lagosta, Fabriano, Jesi, Osimo, Macerata, Fermo, Ascoli Piceno. Nei successivi anni furono nascoste opere d’arte fra le quali capolavori di Giorgione, Giovanni Bellini, Piero della Francesca, Paolo Uccello, Tiziano, Carlo Crivelli, Carpaccio, Mantegna e Raffaello.
La stupefacente vicenda portata a termine con successo, con sprezzo della vita, rimase nell’ombra per 40 anni. Solo nel 1984 è stata riportata alla luce grazie all’iniziativa del sindaco di Sassocorvaro Oriano Giacomi che l’ha voluta giustamente rendere nota. Innumerevoli e geniali furono gli espedienti rocamboleschi che il Professor Rotondi riuscì ad escogitare per mettere in salvo questa quantità inimmaginabile di opere di immenso valore. Una per tutti la Tempesta del Giorgione. Torneremo in altra occasione su questo entusiasmante argomento. Per ora basti questo volo pindarico assolutamente doveroso che abbiamo fatto tutti insieme seguendo la voce della dottoressa che dal “romanzo d’avventure” ci riporta al presente e che continua a stupirci mettendoci a parte del fatto che suo padre le riconsegnò in ottimo stato ai legittimi proprietari. Tante altre però furono le opere d’arte razziate in quell’atroce periodo dai nazisti. A Cassina de’Pecchi è stato costituito una sorta di museo archivio con le foto delle opere trafugate durante i periodi bellici e via via che queste vengono ritrovate si sostituiscono alle foto che ne segnavano la scomparsa. Immaginiamoci continua Giovanna Rotondi Terminiello con il suo sorriso divertito “che responsabilità sia stata essere figlia di cotanto padre”. Per questa ragione l’allora giovane studentessa si concentrò a seguirne le orme, così profonde.
Anche la sua vita intensa è stata totalmente dedicata alla storia dell’arte. Sovrintendente in Liguria per decenni, Fidapa Genova Due l’ha invitata per farci “vedere” il suo profilo della società genovese al femminile nel Siglo de Oro , che lei stessa ha intitolato “Donne allo specchio”.
Scorrono alle sue spalle una serie di ritratti delle Dame dell’aristocrazia, Spinola, Balbi, Doria, Durazzo, vere e proprie autorità indiscusse in famiglia, dall’aspetto autorevole e severo e tale da farne riconoscere ovunque la matrice genovese.
Le fanciulle, continua la relatrice, si trovavano due strade difronte, o il matrimonio o la monacazione che era un rito altrettanto importante.
Cospicue le doti in un caso e nell’altro. Le donne sposate destinate a governare sulla famiglia e le monache a godere di grande considerazione e potere.
Vigevano leggi non scritte ma molto rigide: solo le primogenite erano educate ad essere spose e tra queste solo quelle belle.
La bellezza è soggettiva e soprattutto è frutto del sentire del momento. Tutti i ritratti ce le presentano con uno specchio in mano perché lo specchio doveva rifletterne la bellezza e la loro cura.
Era proprio colei che si specchiava infatti che doveva decidere se era equiparabile a Venere o meno.
Se lo specchio è onnipresente nei ritratti delle spose, le monache sono facilmente ritratte con scorci degli affreschi o dei dipinti che commissionavano per abbellire i conventi.
Uno di questi, ricchissimo, sorgeva al posto dell’attuale stazione Brignole, ed era altrettanto grande.
I ritratti parlavano un linguaggio convenzionale, i fiori recisi ad esempio, erano simbolo della caducità della bellezza e della giovinezza.
A controbilanciare l’ineluttabilità del tempo veniva però in soccorso la ricchezza, bene meno caduco degli altri, che si legge ora come allora nelle sontuosissime vesti di broccati, velluti, sete. Si sa che l’abito in raso bianco di Clelia Durazzo costò più di una galea.
Gli abiti non passavano certo di moda dato il loro costo proibitivo e solo quando diventavano importabili fornivano materiale per i paramenti sacri.
Ancora dato il ruolo di governo che erano destinate a rivestire, le future spose ricevevano un’educazione raffinata, musica, poesia, l’arte della parola, dovevano essere imperiose, incutere un grande rispetto ed essere sommamente devote.
Ci si domanda come sia possibile che oggi le donne siano diventate oggetto di atrocità che ci lasciano inorriditi.
A maggior ragione parliamo di Artemisia Gentileschi che aveva “sfondato” ed accettata nella società pur essendo fuori dagli schemi e vittima dello stupro del suo maestro che la segnò indelebilmente, e Sofonisba di Anguissola due donne che si sono mantenute grazie alla loro professionalità.
Se la prima era comunque figlia d’arte, Sofonisba fu chiamata alla Corte di Spagna come precettore e dama di compagnia della regina Isabella di Valois all’epoca quattordicenne. Alla scomparsa della regina si trasferirà a Palermo quale sposa di Fabricio di Moncada ma il nobile siciliano muore in mare vittima dei pirati. Decide allora di trasferirsi a Genova dove sposerà riamata Orazio Lomellino. Ottantenne venne ritratta da Van Dyck
Non può che essere definita costruttiva questa testimonianza di Giovanna Rotondi Terminiello soprattutto in un momento come questo e se si devono trarre delle conclusioni, direi che dalle donne genovesi e da quelle del Seicento c’è molto da imparare.
Giovanna Rotondi Terminiello è stata dal 1976 al 1996 Soprintendente per i Beni Artistici e Storici della Liguria e dal 1996 al 2006 professore a contratto di “Storia e tecnica del restauro” presso l’Università di Genova, corso di laurea in Conservazione dei Beni Culturali. Dal 1996 è presidente della giuria del premio nazionale “L’Arca dell’Arte. Premio Rotondi ai Salvatori dell’Arte”. Dal 2010 insegna in UniAuser nell’area arte, cultura e spettacolo.
* Federazione italiana Donne Arti Professioni Affari
*Dalla conviviale del Rotary Chiavari Tigullio
Tiziana Leopizzi
Tiziana Leopizzi
Prof. Architetto, Accademico Onorario della Accademia delle Arti del Disegno di Firenze.