SEDE

SANTA   MARGHERITA  LIGURE
COMPLESSO  VILLA  DURAZZO – VILLA SAN GIACOMO

Per  gli incontri  serali   dalle ore 21.00   PIAZZA  CAPRERA
 (al centro di S. Margherita davanti alla Chiesa)

Questo evento, giunto alla seconda edizione e a cui la nostra sezione ha dato il suo patrocinio, vede   fra i relatori la Prof.ssa  Luisella Battaglia  Università di Genova, Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Bioetica e Componente del Comitato Nazionale per la Bioetica, socia  della nostra Sezione e le socie Dott.ssa Elisabetta Sacchi e Dott.ssa  Rossana Sarli in rappresentanza della Sezione Fidapa Genova.
Inoltre  la nostra socia Irene Mercuri è intervenuta in rappresentanza dell’ Ufficio della Consigliera di Parità della Regione Liguria in sostituzione della Consigliera stessa Dott.ssa Laura Amoretti.

Per meglio illustrare il significato dell’ evento  si riporta la nota introduttiva  tratta dal sito www.bioeticafestival.it/index.php .

Sullo stesso sito sono anche pubblicati gli interventi di una parte dei relatori.

PREMESSE

L’interesse per la bioetica si deve al fatto che lo sviluppo tumultuoso delle scienze e delle tecnologie in campo biologico e medico pone continuamente problemi inediti riferibili non solo alle zone “di frontiera” dell’esistenza umana – come la nascita e la morte – ma anche alla vita quotidiana di tutti.
Nel secolo del biotech viviamo un’epoca di nuovi diritti. Tuttavia non risultano pienamente garantiti alcuni diritti elementari tra cui, fondamentale, quello alla salute e alla prevenzione della malattia.
Se la “salute per tutti” è indicata come obiettivo in tutte le conferenze mondiali, la gestione delle politiche sanitarie è assunta di fatto da istituzioni finanziarie internazionali che collegano il perseguimento della salute allo sviluppo economico adottando criteri mercantili anziché, capovolgendo la prospettiva, considerare il miglioramento della salute come una condizione dello sviluppo.
In base alla Dichiarazione Universale sulla Bioetica e sui Diritti Umani (2005) il patto sociale che aveva caratterizzato la nascita del Welfare State dovrebbe evolvere verso un contratto sociale mondiale, generando un passaggio ad una Welfare Community al cui centro non è lo Stato ma la comunità costituita da tutti gli individui che hanno diritto alla piena realizzazione di sé, garantita da istituzioni e sistemi sociali adeguati.
In tal modo un tema classico della filosofia etico-politica, il ben vivere, rientra pienamente nel campo della bioetica globale, con esiti di grande significato, specie se declinato secondo l’approccio delle capacità teorizzato dal premio Nobel per l’economia Amartya Sen.
Fondamentale è l’idea di fioritura umana che comporta il poter godere di livelli essenziali di benessere e, sopratutto, avere la possibilità di sviluppare quelle capacità – salute, affettività, immaginazione, pensiero, ecc. – che appartengono universalmente a tutti gli esseri umani, la cui attuazione può, tuttavia, essere ostacolata da condizioni economiche, sociali, culturali avverse.
Tale prospettiva può avere riflessi rilevanti per quanto riguarda la valutazione delle biotecnologie e il loro impatto sulle nostre vite.
Il riferimento al ben vivere è un metro di giudizio atto sia a definire le potenzialità positive, gli aspetti emancipatori delle tecnologie della libertà – libertà dal dolore, dalla malattia, dal destino biologico, eccetera – sia a segnalare le nuove sfide che il loro uso o abuso può comportare.
Le conoscenze attuali richiedono una riflessione che tenga conto della rete di relazioni che ci collega alla natura e agli animali, anche in proiezione futura, e che oltrepassi il contesto degli stati nazionali.
Il passaggio da una visione del benessere inteso in senso puramente quantitativo, ad una idea di un “ben vivere” che abbia al centro le capacità dell’individuo e valorizzi il “prendersi cura” di sé, degli altri, del mondo, introduce ad una concezione della biopolitica in grado di garantire ad ognuno la possibilità di gestione del proprio corpo, della propria vita, dei propri impegni professionali in conformità alla propria visione del bene.
Se i dilemmi morali della bioetica costituiscono una nuova frontiera per la politica, anche in prospettiva planetaria, l’assenza del confronto pubblico su tali questioni comporta un deficit di cittadinanza dal momento che un suo effettivo esercizio dovrebbe richiedere un potere di controllo sulle politiche che riguardano la vita nostra, delle generazioni future e dell’intero ecosistema.
Per questo la sfida che sembra riservarci il futuro prossimo è quella di una cittadinanza planetaria in grado di contribuire a elaborare proposte capaci di produrre carte dei diritti e di progettare istituzioni sovranazionali capaci di tracciare le nuove frontiere della giustizia e rendere concreta la strada per il perseguimento della felicità individuale e collettiva.

FESTIVAL DI BIOETICA

La seconda edizione del Festival è stata preceduta da anteprime nella primavera estate del 2018 a Genova e a Roma. Nel sito www.bioeticafestival.it sono pubblicati i materiali. La due giorni si è tenito nella magnifica cornice di Santa Margherita Ligure (27 e 28 agosto 2018), la cui amministrazione collabora con l’Istituto Italiano di Bioetica alla organizzazione dell’evento. Il Festival ha ottenuto il patrocinio di: Comitato Nazionale per la Bioetica, Regione Liguria, Comune di Genova e Città Metropolitana, Unesco Chair in Bioethics, Biogem, Università di Genova, Ecoistituto ReGe, Soroptimist, Fidapa Genova, Istituto di Tecnologie Avanzate, OMCeOGE.

OBIETTIVI DEL FESTIVAL DI BIOETICA

Il 2018 è stato proclamato l’Anno Internazionale della Felicità. A partire dal lavoro delle N.U. con il World Happiness Report si assiste a un boom di ricerche su tale tema guidato dalla consapevolezza che il PIL -come è stato efficacemente detto – «misura tutto tranne le cose per cui vale la pena di vivere». È così che economisti come Jean Paul Fitoussi, Amartya Sen e Joseph Stiglitz hanno cominciato a impiegare l’espressione “indice di Felicità Interna Lorda”(FIL) per misurare il benessere dei popoli. In questo quadro il Festival di Bioetica intende:
–  contribuire al diffondersi di un’idea di felicità non come un obbligo – che fa sentire colpevole chi non la raggiunge – ma come una possibilità di vita, ispirata a un’idea del “ben vivere” che abbia al suo centro la fioritura delle capacità personali e valorizzi il “prendersi cura” di sé, degli altri, del mondo
– promuovere una concezione della bioetica ispirata ai valori fondamentali della società liberale, rispettosa delle differenze, in grado di garantire a ognuno la possibilità di gestione del proprio corpo, della propria vita, dei propri impegni professionali in conformità alla propria visione del bene             
– sostenere la riflessione critica e la capacità di valutazione delle biotecnologie in relazione al loro impatto sulle nostre vite e sulla vita del pianeta, valorizzando, in particolare, le imprese pubbliche e private che fanno della sostenibilità la loro cifra e favoriscono un’innovazione che abbia ricaduta positiva sui dipendenti, le comunità in cui operano e l’ambiente
–  sviluppare un’idea di mercato fondata su un’etica relazionale i cui soggetti sono i cittadini responsabili che, con le loro scelte, possono generare e sviluppare benessere e felicità contribuendo a ridurre le disuguaglianze ingiuste anche a livello globale.

IL  PROGRAMMA

27 AGOSTO 2018    FELICITA’ E BEN VIVERE

9.00     accoglienza: Alessandra Fabbri, Susanna Penco, Graziana Moretti
9.30     Alessandra Bani e Ivano Malcotti benvenuto in musica    

Apertura del festival e saluti delle autorità

10.00   DIRITTO DI UOMINI E DONNE A PERSEGUIRE LA FELICITÀ
tavola rotonda, modera Enzo Baldini
Franco Meschini. Un mondo capovolto. Il popolo delle beatitudini (Mt. 5, 3ss; Lc. 6, 20ss) 

Michele Schiavone.  Felicità, soggettività ed esperienza mistica      
Michele Marchesiello. È proprio necessaria la felicità? Come essere felici senza accorgersi di esserlo 
Paolo Aldo Rossi. La scienza ti dona la verità ma l’uomo s’attende la felicità

11.00  TUTELA DEI DIRITTI ALLA SALUTE, ALLA LIBERTÀ, ALLA SICUREZZA
modera Claudia Frandi
Tiziana  Bartolini. La salute delle donne tra sicurezza e libertà 

Enzo Tortello. I fumi nel porto e la salute 
Piero Clavario. Con tutto il cuore 
Giorgio Macellari. Etica in medicina 

12.15   RETI DELLA FELICITÀ
presenta Graziana Moretti
Maria Cinzia Messineo. RE.TE. ONG, Torino
Anna Maria Roncoroni. AISTAP, Genova  

Laura Amoretti. Consigliera regionale di parità della Liguria, Genova 

13.00   MOSTRA DI PITTURA “SGUARDI DI FELICITÀ”
presenta Maria Galasso

espongono Marisa Bertolotti, Matteo Delbene, Roberto Malinverni, Teresa Ruggiano

15.00   MEDICINA DEI DESIDERI
tavola rotonda, modera Gloria Bardi
Elena Menon. Procreazione Medicalmente Assistita: genitori a tutti i costi? 

Manuela Iona. Amore e desiderio 

16.30   UNA MEDICINA SAGGIA, RISPETTOSA E GIUSTA
modera  Gianfranco Porcile
Federico Valerio. La prevenzione dalla malattia è un diritto 

Teresa Tacchella. Cibo e informazione: alimentazione sana e tutela della salute 
Elisabetta Cofrancesco. I medici sono felici? 
Sandra Vernero. Slow medicine: che cos’è e cosa si propone di fare 
Carlo Pasetti. Centralità del paziente: slogan, utopia o istanza etica?

18.00   RETI DELLA FELICITÀ
presenta Alessandra Fabbri
Claudio Puppo. Consulta regionale handicap
Alexandra Castro. Associazione Unidos por elbuen vivir
Rossella Rossi. Soroptimist Genova
Elisabetta Sacchi e Rossana Sarli. Fidapa Genova

19.00   CHIMICA E FISICA DELLA FELICITÀ
modera Susanna Penco
Silvana Cagiada. Abbandonarsi con l’immaginazione nella natura 

Anna Burroni. La felicità a fior di pelle 
Claudio Fusco. Le scorciatoie per la felicità 
Marco Bertolotto. La cannabis terapeutica

21.00  Agorà  
BIOROBOTICA, NEUROSCIENZE E INGEGNERIA GENETICA: LE SFIDE DEL POSTUMANO
modera Salvatore Palazzo
Gianmarco Veruggio, Cinzia Caporale, Salvatore Amato, Edoardo Boncinelli, Emilio Maura, Michela Chiappalone   
Ivano Malcotti e Paolo Isotta
poesia e musica

28 AGOSTO 2018 IPOTESI GAIA
Organizzata in collaborazione con Ecoistituto Re-Ge

9.00     accoglienza: Alessandra Fabbri, Susanna Penco, Graziana Moretti
9.30     Alessandra Bani e Ivano Malcotti benvenuto in musica    

Luisella Battaglia e Federico Valerio introducono

10.00    ETICA E POLITICA DELL’ AMBIENTE
tavola rotonda, modera Luisella Battaglia
Fiammetta Ricci. L’etica della cura e luoghi simbolici di relazione bioantropica              

Anna Di Giandomenico. La cura dell’ambiente tra sostenibilità e sfruttamento: profili biogiuridici 
Paola Sabbion. Una promessa di felicità. Spazio pubblico, qualità urbana e benessere dei cittadini
Enrica Zinno. Favola Psiche Ambiente
Lucio Romano.Terre dei Fuochi: una questione di bioetica ed etica sociale

11.30   LA GRANDE BELLEZZA
Marco Nieri.
L’energia delle piante per il nostro benessere
Emilio Trabella.
La bellezza degli alberi
Matteo Marino.
Bellezza in città
Mario Calbi.
Le bellezze delle piante spontanee
Pasquale Giustiniani.
Biosfera e bellezza 

12.30   RETI DELLA FELICITÀ
presenta Natasha Cola
Dino Galiazzo. Il consumatore felice
Franco Montagnani. Presidente Associazione Le Serre di San Ncola, Genova
Renato Ariano. Allergie e cambio climatico

13.00   Maria Galasso intervista gli artisti

15.00  IL BEN VIVERE DEGLI ANIMALI: UNA NUOVA FRONTIERA DELL’ETICA

tavola rotonda, modera Luisa Marnati
Vilma Baricalla. Felicità, infelicità, solidarietà tra i viventi. Visioni della natura tra ‘700 e ‘900.  Giuseppe Pallante. Una felicità bestiale
Michele Panzera  
Angelo Gazzano
Davide Celli 

16.30   visita guidata nel parco: Mario Calbi, Matteo Marino, Emilio Trabella, Paola Sabbion

18.30   L’ISTITUTO ITALIANO DI BIOETICA SI RACCONTA
Rappresentanti delle sezioni regionali dell’IIB, presenta Ivana Carpanelli
Altri contributi

MICHELE FASANO. Il Focus: Adriano Olivetti
MICHELE PANZERA. Il ben vivere degli animali: una nuova frontiera dell’etica 

21.00  Agorà                                 
DALLA CRESCITA ALLO SVILUPPO. PER UNA ECONOMIA DELLA FELICITÀ
modera Franco Manti
Alberto Ariccio, Corrado Oppedisano, Franco Floris
Ivano Malcotti e Paolo Isotta
poesia e musica 

22.30   CONFERIMENTO PREMIO “BIOETICA FESTIVAL” 
Chiusura Festival

I componenti dell’IIB si alterneranno con il ruolo di discussant delle sessioni antimeridiane e pomeridiane. Gli  spazi  “reti delle felicità”sono riservati alle Associazioni culturali e sociali dei settori interessati e presenti sul territorio.  Durante le due giornate del festival sarà possibile visitare, nelle sale di Villa Durazzo la mostra di pittura “Sguardi di Felicità” Negli intervalli tra una  sessione e la successiva, sono previsti interventi di poesia e musica dal vivo.

Il Premio Festival di Bioetica 2018 è stato conferito alla Fondazione Veronesi nella persona del suo Presidente Prof. Paolo Veronesi.

Interventi e contributi delle socie

Luisella Battaglia
Università di Genova, Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Bioetica, 

Componente del Comitato Nazionale per la Bioetica 

La socia Luisella Battaglia,  in rappresentanza dell’Istituto Italiano di Bioetica,  ha diffuso questo interessante contributo sul tema della felicità:

Dal benessere al ben-vivere. Una prospettiva bioetica.

“Non si è mai troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell’anima”.  Le parole con cui Epicuro inizia la sua Lettera a Meneceo  assumono un particolare significato in un momento storico, come l’attuale, in cui essere felici non è più solo un’aspirazione individuale ma si è venuto trasformando in un diritto/dovere collettivo. E’ così che gli economisti hanno cominciato a usare il termine ‘felicità’ al posto del Pil per misurare il benessere delle nazioni  – si parla infatti di ‘felicità nazionale lorda’ – nella consapevolezza crescente che, come è stato efficacemente detto,” il Pil misura tutto, tranne le cose per cui vale la pena di vivere”. In questo appunto risiede il suo paradosso. Molti parametri infatti contribuiscono alla felicità, intesa non come uno stato, un fatto strettamente personale, ma una categoria più ampia di benessere che vada oltre la mera misurazione del reddito. Ancora una volta, la felicità è un concetto sfuggente e ancor più lo è la percezione della propria felicità: l’oggetto del desiderio è più che mai oscuro.

In effetti, se la mentalità tecnologica ha identificato la felicità col benessere materiale, tale equazione sta entrando in crisi. Non perché l’uomo abbia rinunciato al benessere materiale ma perché, dopo averlo lungamente desiderato, ha scoperto che esso non produce affatto quella ‘felicità’ che ci si attendeva ma genera, in alcuni casi, addirittura infelicità. La tecnica ha messo a nostra disposizione una quantità di beni materiali che, nella sua storia, l’uomo non solo non ha mai avuto ma neppure ha mai supposto di poter avere. Eppure oggi l’uomo si sente più che mai insoddisfatto. Che cosa è successo? La civiltà contemporanea promette la soddisfazione di tutti i bisogni ma le tecniche, la mentalità con cui sono state usate e la temperie culturale che fa loro da sfondo, anziché soddisfare i bisogni in modo radicale, li hanno paradossalmente moltiplicati. I bisogni, insomma, vengono resi più prepotenti dalle stesse tecniche che vorrebbero soddisfarli. E’ un circolo perverso le cui implicazioni – antropologiche, etiche, filosofiche – cominciano a manifestarsi con estrema chiarezza.  

Su questo i Greci avrebbero molto da insegnarci, a partire dalla sentenza di Eraclito:”Difficile è la lotta contro il desiderio poiché ciò che esso vuole lo compra a prezzo dell’anima”. Non a caso in alcune correnti dell’etica e della filosofia politica contemporanee – mi riferisco, in particolare, all’approccio delle capacità nella formulazione offertane da Amartya Sen e in modo parzialmente differente da Martha Nussbaum –  l’idea greca della “felicità” è stata riproposta nei termini di “vita fiorente” (flourishing Life) o di pieno compimento (Fulfillement) delle proprie capacità. Il punto di partenza è l’insegnamento di Aristotele sviluppato nell’Etica Nicomachea. Si ricorderà che per il filosofo greco spesso commettiamo un grave errore dando per scontato che alcuni beni – ad esempio, la ricchezza – siano tutto ciò che ci interessa: a una più attenta riflessione risulterà, infatti, che non perseguiamo la ricchezza in quanto tale, perché essa è sempre in funzione di qualche altro obiettivo, e quindi non è un fine in sé ma ha un’importanza esclusivamente strumentale. Da qui la necessità di spostare i termini dell’indagine: dallo studio dei beni che ricerchiamo apertamente, ma che sono appunto soltanto strumentali, a quelli che hanno invece un’importanza fondante, costituendo nella fattispecie una “buona vita”.

Un’etica della fioritura.

Con la definizione di eudaimonia – da intendersi etimologicamente come «condizione in cui si trova colui che possiede un buon demone» – Aristotele identifica la felicità nell’attuazione delle capacità proprie dell’uomo, sottolineando che esistono diverse “funzioni” che noi realizziamo, dalle più elementari – alimentazione, attività fisica, divertimenti etc. – alle più complesse – riflessione, teoresi, arte etc. – che rivestono tutte grande importanza nel nostro giudizio sulla qualità della vita che conduciamo. Attento non soltanto al “giusto” ma anche al “bene” – ovvero, a ciò in cui l’uomo realizza pienamente se stesso e quanto vi è in lui di migliore –  il filosofo greco ritiene che «le leggi devono creare per tutti le condizioni in cui poter liberamente realizzare se stessi». Se ne desume un importante criterio di giudizio: le conseguenze delle azioni o delle scelte pubbliche non devono essere valutate – come per gli utilitaristi o i welfaristi – in termini di utilità o di benessere ma alla luce di quell’ideale più ampio di “fioritura umana” o di pieno compimento delle capacità cui attribuiamo maggior valore. È questa, tra le altre, la novità di una lettura che evidenzia taluni elementi essenziali, come appunto l’idea di buona vita – da intendersi come completo sviluppo delle capacità umane – svolgendoli però in una direzione che ha al suo centro il valore irrinunciabile della libertà individuale e la rivendicazione di una libertà eguale per tutti e, soprattutto, animata da una forte ispirazione pluralistica.

Aristotele ritiene che il problema di programmare la propria vita implichi una deliberazione relativa ad una pluralità di fini generali che si traducono nell’idea di eudaimonia, ovvero nel progetto di organizzare la nostra intera esistenza secondo saggezza: ciò che avviene – o dovrebbe avvenire – allorché, ad esempio, riflettiamo sulle questioni, cruciali in bioetica, del conflitto tra il fattibile e il faciendum, tra la possibilità tecnica e la liceità etica, tra la vita biologica e la vita biografica, tra una mera sopravvivenza e una vita che si interroga sul suo senso e sulle sue ragioni.

Ci si può dunque chiedere se una prospettiva incentrata sull’idea di “buona vita “ possa suggerire talune direzioni utili per una bioetica liberale,non dogmatica, rispettosa delle minoranze e delle loro preferenze morali e,soprattutto, desiderosa di sfuggire alle strettoie della classica dicotomia tra ‘sacralità’ e ‘qualità’ della vita. Vediamo brevemente in che senso.  Innanzitutto per “buona vita” deve intendersi una vita realizzata in tutte le capacità che un essere umano ritiene importante realizzare. L’aristotelismo ci aiuta, in tal senso, a comprendere ciò che ci accomuna tutti e in un certo senso ci rende eguali, al di là delle differenze culturali. Il riferimento va certo ad una “identità di specie” che fonda su base bio-antropologica le capacità proprie dell’individuo umano in quanto tale ma, nel contempo, sottolinea il carattere irriducibilmente personale delle scelte che ciascuno è chiamato a compiere, in relazione alla sua storia, alla sua cultura di appartenenza, ai valori e alle credenze che danno un senso alla sua esistenza.

E’ Martha Nussbaum ad elaborare una vera e propria lista di capacità con una duplice mira : sia fornire la struttura portante per la valutazione della qualità della vita e della progettazione politica, sia selezionare le capacità di importanza centrale per ogni vita umana.Al primo posto è

  1. la vita (<avere la possibilità di vivere sino alla fine’ una vita umana di normale durata, di non morire prematuramente o prima che la propria vita sia stata limitata in modo tale da risultare indegna di essere vissuta>) seguita  da
  2. salute (<poter godere di buona salute compresa una sana riproduzione |…| poter essere adeguatamente nutriti, avere un’abitazione adeguata>);
  3. integrità fisica (<essere in grado di muoversi liberamente da un luogo all’altro, di essere protetti contro le aggressioni, avere la possibilità di godere del piacere sessuale e di scelta in campo riproduttivo>);
  4. sensi, immaginazione e pensiero (< poter andare in cerca del significato ultimo dell’esistenza a modo proprio; poter usare i propri sensi per immaginare, pensare e ragionare avendo la possibilità di farlo in modo veramente umano ossia in modo informato e coltivato da un’istruzione adeguata>);
  5. sentimenti (<poter provare affetto per cose e persone oltreché per noi stessi; amare coloro che ci amano e che si curano di noi |…|; non vedere il proprio sviluppo emotivo distrutto da ansie o paure eccessive o da eventi traumatici di abuso e di abbandono>);
  6. ragion pratica (<essere in grado di formarsi una concezione di ciò che è bene e ciò che è male, libertà di coscienza>);
  7. appartenenza (<poter vivere con gli altri e per gli altri, riconoscere l’umanità altrui e mostrare preoccupazione per il prossimo>  ma  anche < avere le basi sociali per il rispetto di sé e la propria dignità di persona>);
  8. altre specie (< essere in grado di vivere in relazione con gli animali, le piante e il mondo della natura, provando interesse per esso e avendone cura>);
  9. gioco (<poter ridere, giocare e godere di attività ricreative>);
  10. controllo del proprio ambiente (<poter partecipare in modo efficace alle scelte politiche che governano la propria vita> ma, altresì, <aver diritto al possesso non solo formalmente ma in termini di concrete opportunità, avere il diritto di cercare lavoro sulla stessa base degli altri, essere in grado di lavorare in modo degno di un essere umano>).

Come si vede, l’elenco—che si propone come <base per l’elaborazione di principi costituzionali fondamentali>–è assai ricco e complesso e si caratterizza per la sua impostazione insieme tendente all’universalità e attenta alla particolarità. Si tratta di una lista di capacità combinate giacché si evidenzia il fatto che tutte le  capacità ‘interne’  (dal saper parlare al saper giocare alle capacità procreative) hanno bisogno di un ambiente esterno che ne favorisca lo sviluppo. Esse devono, quindi, necessariamente coniugarsi con la situazione del mondo circostante che potrebbe, ad esempio, inibire alcune capacità a danno di altre e quindi obbligarci a riscrivere al meglio l’ordine delle priorità. In tal senso, la lista delle capacità va intesa come aperta, suscettibile di periodiche revisioni e integrazioni: essa non costituisce una teoria della giustizia completa ma ci fornisce semplicemente la base per determinare un minimo sociale accettabile in varie aree; inoltre può considerarsi come un catalogo delle condizioni richieste per poter parlare di dignità umana in modo non retorico. Che cosa richiede la dignità umana? Non è sufficiente proclamarla, come nei documenti ufficiali e nelle dichiarazioni universali in cui ci si accontenta di esaltare kantianamente il valore delle persone. Occorre infatti partire dalla constatazione realistica che in gran parte del mondo gli esseri umani non sono ancora persone ma – come ci ricorda il titolo di uno dei  libri più noti della Nussbaum, Diventare persone. Donne e universalità dei diritti – devono diventarlo. Non vi è dignità umana, non si è persone, non solo quando non sono soddisfatti i bisogni più elementari (cibo, salute, integrità psicofisica, lavoro) ma anche quando è negata la possibilità di istruirsi, di pensare, di elaborare visioni della vita buona, di giocare, di immaginare e di amare. 

Una nuova idea di salute.

Essere fedeli alla propria singolarità e impegnarsi a farla fiorire: l’ideale dell’eudaimonia può realizzarsi – come spesso si afferma – solo in un contesto comunitario? Riesce a riflettere la pluralità irriducibile delle visioni del bene dei singoli individui, il loro diritto di essere diversi nella adesione a quello stile morale che imprime ad ogni vita un’impronta irriducibilmente personale? È compatibile, insomma, il progetto di una “buona vita” coi valori fondamentali su cui poggia una società liberale? Occorre sottolineare che quello proposto dall’approccio delle capacità è una forma di «neo-aristotelismo liberale» del tutto esente dalla polemica anti-illuministica propria dell’aristotelismo conservatore – rappresentato dai «comunitaristi», come Charles Taylor – e fortemente impegnato nella difesa sia dei diritti umani universali, e cioè dei diritti dell’individuo indipendentemente dalla sua appartenenza alla comunità, sia della riflessione critica, e cioè dell’importanza che deve essere attribuita alle argomentazione razionali, in vista della costruzione di un consenso generalmente condiviso.

L’indubbio universalismo di tale approccio è tuttavia temperato da una forte attenzione per le differenze che segnano i singoli individui: esiste una pluralità di capacità perché esiste una pluralità di fini e di obiettivi che gli uomini possono perseguire. Pensiamo, per fare un solo esempio, ad un concetto cruciale nella riflessione bioetica come quello di ‘salute’, non separabile per la sua intrinseca complessità dai nostri pensieri più profondi sui rapporti tra la vita e la morte, la nascita e la sofferenza, la sessualità e l’identità, il sé e l’altro. Negli ultimi decenni, l’idea stessa di salute è andata evolvendosi, riproponendo il significato aristotelico della “buona vita: il bene possibile, in una rinnovata concezione del benessere, è infatti tutto ciò che, a partire dalle capacità e dalle opportunità materialmente offerte, è in grado di situare la salute all’interno di un progetto di autorealizzazione della persona.

 Come superando una soglia, si ha qui un innesto tra l’etica medica e l’antropologia filosofica e quindi un confronto con le diverse immagini dell’uomo, della sua origine e del suo destino che sono state elaborate nel corso della nostra storia. È a questo livello che un filosofo come Paul Ricoeur ha ritenuto possibile inscrivere l’idea di salute nel quadro di una riflessione sulla buona vita.

“La salute – scrive ne Il giudizio medico – è la modalità propria del vivere bene nei limiti che la sofferenza assegna alla riflessione morale |…| Il desiderio di salute è la figura che, sotto il giogo della sofferenza, riveste l’auspicio di vivere bene”. Da qui una serie di interrogativi. Che legame porre tra la domanda di salute e l’auspicio di vivere bene? Come integrare la sofferenza e l’accettazione della mortalità con la nostra idea della felicità? Come raccordare la concezione del bene comune proposta dalla società in cui viviamo con la pluralità irriducibile delle visioni del bene-salute dei singoli individui? Nella prospettiva filosofica di Ricoeur, al “ben-essere” esemplificato da massime quali l’ottimizzazione dei Qalys (acronimo di Quality Adjusted Life Years) proprie di una visione in senso lato utilitaristica, si sostituisce il “ben- vivere” in cui è esplicito il riferimento alla lezione aristotelica.Ricoeur individua nell’etica,distinta dalla morale, la dimensione della vita pratica cui è propria latensione verso l’autorealizzazione presente in ogni essere umano. Mentre lamorale rappresenta il momento deontologico della norma, l’etica si caratterizzain senso teleologico essendo animata dalla presenza del telos della ‘buona vita’:“un orizzonte popolato dai nostri progetti di vita, le nostre anticipazioni dellafelicità, le nostre utopie, in breve tutte le figure mobili di ciò che consideriamosegni di una vita compiuta”

 La formula nella quale si esprime il desiderio di una vita sensata degna di un essere razionale finito è “l’auspicio della vita buona, con e per gli altri, all’interno di istituzioni giuste”. In tal modo se il livello etico è esplicitamente collocato sotto il segno di Aristotele e all’esercizio della phronesis, quello morale rinvia alla filosofia di Kant e alla ragion pratica come fonte di autolegislazione. Vale la pena di seguire analiticamente il percorso tracciato. Degna di rilievo è innanzitutto la sottolineatura del modo grammaticale dell’espressione tipicamente aristotelica “buona vita”, che è quello dell’ottativo e non dell’imperativo, esprimendo un auspicio, un augurio (“possa io, possa tu vivere bene…”) o, in senso più forte, un’attitudine di cura che riguarda se stessi, l’altro, le istituzioni. Che la cura di sé sia un buon punto di partenza è confermato dall’importanza della “stima di sé” che, comprendendo talune capacità fondamentali – quella di scegliere in base a ragioni e quindi di agire intenzionalmente e quella di introdurre cambiamenti nel corso delle cose e quindi la capacità di iniziativa – costituisce il “momento riflessivo” della praxis. Sennonché la stima di sé potrebbe comportare un rischio di chiusura, di ripiegamento sull’io se non implicasse il riconoscimento dell’altro con una conseguente richiesta di reciprocità.

 Ricoeur ravvisa pertanto nella “reciprocità degli insostituibili” il segreto della sollecitudine rilevando che la reciprocità non esclude una certa ineguaglianza che può tuttavia essere corretta dal riconoscimento sia della superiorità (è il caso del rapporto tra maestro e discepolo) sia della debolezza e dalla sofferenza dell’altro in cui è la compassione a ristabilire la reciprocità. Per questo “colui che pareva il solo a donare riceve, attraverso la gratitudine e la riconoscenza, più di quanto abbia donato”. Sembra riaffiorare qui il tema classico – delineato da Seneca – della philia iatriké, da intendersi come relazione in cui la reciprocità diviene vicendevole riconoscimento di cui entrambe le parti beneficiano.

Verso una società conviviale

Ma la prospettiva del “vivere bene” sarebbe incompleta se non comprendesse il senso della giustizia, implicato nella nozione stessa di “altro”. La giustizia ci ricorda, da un lato, che il “vivere bene” non si limita al piano delle relazioni interpersonali ma si estende alla vita nelle istituzioni, dall’altro, che presenta tratti etici non contenuti nella sollecitudine e che spingono essenzialmente verso un’esigenza di eguaglianza. Se intendiamo per “istituzioni” – secondo l’indicazione di Ricoeur – “tutte le strutture del vivere insieme di una comunità storica, irriducibili alle relazioni interpersonali e tuttavia connesse ad esse in un senso significativo”, ci accorgiamo del ruolo cruciale della giustizia distributiva il cui compito è di ripartire diritti e doveri, responsabilità e poteri, vantaggi e oneri. Qui la prospettiva etica si allarga a tutti coloro che il “faccia a faccia” dell’amicizia o dell’amore lascerebbe fuori: gli “altri”, i “terzi”, i partner innumerevoli di un sistema di distribuzione in cui riconoscere i destinatari di una ripartizione giusta. Poiché la giustizia è chiamata ad “attribuire a ciascuno la sua parte”, l’iscrizione del giusto nella prospettiva della “buona vita” ha grande rilievo per l’etica e la bioetica per il suo ricordarci che esso non si esaurisce sul piano della legalità, non si risolve nella costruzione pur necessaria dei sistemi giuridici. Il senso della giustizia è solidale con quello dell’ingiusto che spesso lo precede: è proprio attraverso l’indignazione e la denuncia che ci avvediamo della discrepanza tra la giustizia statica dei codici e la giustizia dinamica dei valori che attendono di incarnarsi in norme. Ricoeur attribuisce un posto d’onore nella vita morale – correggendo significativamente il rigorismo kantiano – a un sentimento forte come l’indignazione, “che riguarda tanto la dignità dell’altro quanto la dignità propria” chiedendosi perché mai non si dovrebbe “ricavare piacere dal salvare la dignità degli umiliati della storia”. Un tema, questo, di fondamentale importanza per una bioetica davvero globale, aperta alle istanze di tutti gli ‘altri’ finora esclusi dal godimento dei diritti: stiamo diventando sempre più  consapevoli delle mutue implicazioni tra la sfera della politica e quella della vita, tra polis e bios.

 Il tema della ‘buona vita’, oltre che sul piano individuale, ha pertanto una profonda risonanza sul piano collettivo.Si tratta di una risposta che, a partire dalla democrazia deliberativa e dalla responsabilizzazione collettiva, si basa su educazione popolare, orizzontalità, giustizia ed ecologia sociale. In Europa ci si può riferire al movimento delle ‘transition towns’, comunità che decidono di riconvertire le attività di produzione e di consumo verso forme sempre più indipendenti dai combustibili fossili. Le ‘transition towns’, sorte in Inghilterra, sono anche un movimento culturale che ha, tra l’altro, lo scopo di promuovere nuove pianificazioni energetiche e la localizzazione delle risorse di base all’insegna del ‘meno petrolio’, riconfigurando i modelli attraverso i quali si produce e si consuma cibo ed energia, si fa turismo, ci si occupa della salute.

Riforma o rivoluzione? Per rispondere con Arne Naess, siamo dinanzi a un cambiamento di portata rivoluzionaria che avviene attraverso un gran numero di azioni concrete, di piccoli passi capaci di condurci in una direzione radicalmente nuova. Sperimentazioni locali, dunque, che anticipano strategicamente le trasformazioni globali e che mobilitano un’energia creativa verso la costruzione di una società del ‘ben vivere’libera dall’ossessione del consumismo e dal mito della crescita.  Andare oltre al Pil, per aprire un ponte verso la felicità, significa infatti capire che ci sono beni di importanza basilare per la qualità della vita – come la conoscenza, la capacità di comprendere il mondo in cui si vive, i rapporti interpersonali, l’equilibrio con l’ambiente, la partecipazione alla vita sociale, la sicurezza e la solidarietà – che si definiscono ‘immateriali’proprio perché richiedono meno materia e energia per essere prodotti e riprodotti e la cui diffusione permette di diminuire la pressione sul consumo di cose materiali. Dobbiamo pensare di essere in un mondo interdipendente e avere il coraggio di impostare una gestione condivisa dell’interdipendenza per assicurare la sostenibilità dello sviluppo con giustizia ed equità a tutti i paesi. Una prospettiva ‘conviviale’ che richiama temi largamente presenti nell’idea di cura al centro della riflessione femminista, per il suo insistere sulla necessità del superamento di una visione utilitaristica nella direzione di un recupero dello spirito del dono e di un’etica della responsabilità per un’umanità intesa ormai come una comunità di destino.

Bibliografia essenziale:

Aristotele, Etica Nicomachea, a cura di C. Natali, Laterza, Roma-Bari 2005
S. Latouche, L’invenzione dell’economia, tr. it. Bollati Boringhieri, Milano 2010
A. Naess, Ecologie, communauté et style de vie, M.F. Editions, Paris 2008
M. Nussbaum, Diventare persone. Donne e universalità dei diritti, tr.it. Il Mulino, Bologna 2001P. Ricoeur, Il giudizio medico, tr. it., Morcelliana, Brescia 2006

Irene  Mercuri
Ufficio della Consigliera di parità della Regione Liguria

La socia Irene Mercuriin rappresentanza dell’ Ufficio della Consigliera di Parità della Regione Liguria in sostituzione della Consigliera stessa Dott.ssa   Laura Amoretti,  ha esposto un caso di discriminazione sul lavoro,  trattato nell’ Ufficio della Consigliera e che ha avuto esito positivo.

Elisabetta  Sacchi
Farmacista, libera professionista in consulenza su salute e benessere psicofisico come

naturopata floriterapeuta  e  counselor

La socia Elisabetta Sacchiin rappresentanza della nostra Sezione, ha illustrato come i fiori e le piante possano influire positivamente sulla salute e sul benessere psicofisico dell’ individuo.

Rossana  Sarli
Ginecologa, studiosa in medicina integrata,   docente della F.I.N.  con  specializzazione nell’ambito dell’ attività fisica in gravidanza

La socia Rossana Sarli, in rappresentanza della nostra Sezione, ha messo in evidenza  l’ importanza dello sport e dell’ attività fisica per il benessere anche psicologico dell’ individuo nelle  varie fasi della vita dall’infanzia all’ età avanzata.