La nostra socia LAURA AMORETTI relaziona su “La donna nella società odierna”

DONNE , DISTRESS E SALUTE……..

Sabato 22 ottobre 2016, presso la Sala dei Comuni del Palazzo della Provincia di Imperia, in Viale Matteotti, si è tenuto il Convegno “Donne, distress e salute: un algoritmo che declina il genere?” promosso dalla Sezione di Imperia di FIDAPA-BPW ITALY.

Numerosi i patrocinii accordati all’iniziativa, dagli Enti Locali, Provincia e Comune di Imperia, al Ministero del Lavoro e delle Pari Opportunità, al Ministero dell’istruzione MIUR, al Dipartimento DAFIST dell’UniGe, alla ASL1, nonchè all’Ordine Provinciale dei Medici di Imperia, l’Associazione Italiana Donne Medico e l’Associazione degli Psicologi della Liguria.

L’iniziativa ha registrato l’affollatissima partecipazione di un pubblico attento e coinvolto per tutta la durata dei lavori, avviati alle 8.30 con la registrazione dei partecipanti, e conclusi in tarda mattinata con il rammarico di non poter prolungare il dialogo tra i relatori e i partecipanti che chiedevano ulteriori delucidazioni.

Molte le questioni sollevate dalle ottime e chiarissime relazioni proposte, tutte diverse e collegate ad esperienze professionali e umane variegate ma tutte con un unico denominatore: la relazione tra la salute delle donne e i fattori di rischio e sovraccarico psico-fisico dovuti ai disagi connessi al mondo del lavoro e alla complessità della società odierna, con la sua tempistica incalzante e le sue problematiche pressanti.

Ma da dove è nata l’esigenza di fare un Convegno su questi argomenti? Tenendo fermo il nostro Tema Nazionale, che nel biennio in corso ci suggerisce i talenti delle donne come risorsa per lo sviluppo sociale economico e politico, ci siamo interrogate sul “genio” delle donne e sulla necessità di valorizzarlo in termini etici, culturali, sociali ed economici ma anche sulle difficoltà che le donne incontrano nel loro percorso di affermazione e, accanto agli ostacoli noti e storicamente definiti, al gap ancora da colmare, ai soffitti di cristallo non ancora sfondati, soprattutto grazie alle Socie che operano in ambito sanitario è emerso che nuove problematiche “di genere” stanno ponendosi all’attenzione degli addetti ai lavori: determinante nella sua evidenza quella dell’aumento delle malattie autoimmuni specifiche del genere femminile, dovute, secondo numerose metanalisi, anche all’incidenza di fattori stressogeni connaturati alla vita professionale e/o sociale dei nostri tempi.

Traguardando quindi anche al Tema Internazionale, che ci invita a “fare la Differenza…attraverso l’Azione” , il Direttivo, coadiuvato da un gruppo di Socie, ha pensato di fornire alla cittadinanza tutta, una mattinata di informazione e di riflessione sul fenomeno nei suoi diversi aspetti, per contribuire a sviluppare in modo adeguato nelle donne la capacità di riconoscere in alcuni “segnali”, per esempio nella generica “stanchezza”, uno dei primi sintomi di distress, in modo da non sottovalutare alcuni campanelli d’allarme che potrebbero preludere all’insorgenza di patologie e disturbi in certa misura evitabili con la pratica di un’adeguata consapevolezza del sé; per invitare le donne, non solo a valorizzare i propri talenti ma anche a farsi promotrici di progetti e obiettivi personali in cui “farsi” agenti attive che, ascoltandosi e imparando a silenziare nei tempi e nei modi adeguati l’incalzare delle richieste altrui, possano attuare il recupero di un equilibrio omeostatico dell’organismo riconosciuto come fortemente alterato dal distress.

Dopo l’apertura dei lavori, a cura della nostra Presidente Luisa Raineri, ha preso il via la Prima Sessione del Convegno, dal titolo: Il genere e il distress, quale relazione? che annoverava come moderatrici le nostre Mara Iacopozzi, Past President ed Enrica Chiarini, attivissima socia young nonché amministratrice comunale.La prima parte della mattinata, con gli interventi proposti ha contestualizzato dal punto di vista psico-sociale il fenomeno oggetto di studio.

La dott.ssa Anna Migliarese, psicologa, ha ripercorso l’articolazione del concetto di “genere” nelle discipline sociali, psicologiche ed antropologiche a partire dalla seconda metà dell’Ottocento fino ad oggi, evidenziando un progressivo e significativo distanziamento dal determinismo biologico e dalla contrapposizione natura/cultura a favore di una prospettiva “antropo-poietica”, in un’interessantissima relazione dal titolo Genere: una definizione in chiaroscuro” con cui ha operato una prima chiara distinzione tra “pensiero scientifico” e “pensiero ingenuo”. Se quest’ultimo si articola attraverso la creazione di stereotipi che contrastano con i ruoli indotti dalla trasformazione sociale, all’interno del pensiero scientifico sono invece evidenziabili diversi punti di vista: quello dellapsicoanalisi, dalle formulazioni freudiane, che vincolavano sostanzialmente l’identità di genere alla dimensione biologica, a quelle junghiane, con la teorizzazione degli archetipi Animus (logos, componente razionale maschile) /Anima(eros, componente irrazionale, femminile), fino alle posizioni delle psicoanaliste femministe, quale Luce Irigary, che sosteneva la funzione “strutturante”dei modelli socio-culturali nelle differenze di genere; il punto di vista sociologico, con gli studi essenzialisti e costruttivisti, fino a giungere ai gender studies affermatisi a partire dagli anni Settanta in ambito anglo-americano e, abbastanza recentemente, diffusisi da noi; il punto di vista clinico, con riferimento alla “Disforia di genere”, al superamento della definizione binaria dei sessi e alla queer theory, per cui il genere non è più considerato un’evidenza naturale ma si propone di riconoscere il diritto alla fluidità e ambiguità. Il distress è quindi una conseguenza delle spinte e delle aspettative, della e “sulla” donna, diverse e talora opposte che ingenerano complessità e difficoltà nel creare armonia interiore; ciò non resta a livello psicologico ma dà luogo a somatizzazioni e ipostatizzazioni. Sovvertendo un luogo comune, Simone de Beauvoir diceva appunto “…donna non si nasce, lo si diventa…” La poiesi culturale, in un modo o nell’altro, è comunque determinante di un’identità sempre più svincolata dal mero dato biologico ma non per questo meno interiormente conflittuale e possibile causa di fattori stressogeni.

A seguire, la nostra socia Laura Amoretti, che opera professionalmente a livello provinciale nell’ambito dello Sportello per l’Impiego e delle Pari Opportunità, per cui è Consigliera, nel suo intervento “La donna nella società odierna” ha tracciato un suggestivo quadro storico della donna come elemento “passivo” e “invisibile” del mondo del lavoro (notando acutamente come la stessa lingua italiana abbia declinato per moltissimo tempo al femminile solo i nomi delle professioni di accudimento), mondo nel quale modalità, orari, logistiche, sono tutti costruiti a prescindere dai ruoli extraprofessionali che la maggior parte delle donne si trova a ricoprire, ed evidenziando in ciò rischi maggiorati di stress. Ha sottolineato quindi le grandi potenzialità della medicina di genere nella valutazione dei rischi connessi allo stress lavoro-correlato, auspicando forti sinergie socio-culturali-sanitarie per tutelare la persona nella sua integrità, notando come il discorso si complichi nel caso delle donne libere professioniste autonome e concentrando l’attenzione sulla fondamentale importanza di un’educazione alla parità dei ruoli, da operarsi “a tutto tondo” .

La Sessione si è conclusa con l’intervento di Roberto Ravera, psicologo e neuroscienziato, che parlando de “Le conseguenze del distress cronico:peculiarità di genere?”, ha condiviso ed illustrato i risultati di ricerche sul campo che sembrano confermare e sostanziare la prassi clinica che vede una costante differenziazione dei “disturbi” tra genere maschile e femminile. Il dato più evidente riguarda la sintomatologia dei disturbi maschili della sfera psichica, che sono prevalentemente esternalizzati (schizofrenia, autismo) mentre quelli femminili sono internalizzati (depressione, anoressia). Le neuroscienze individuano una differenziazione sessuale già a livello cerebrale prenatale. E in particolare, la neurobiologia sottolinea gli aspetti critici che riguardano la maturazione psicobiologica dei maschi, emozionalmente meno autonomi e più insicuri già in età neonatale, quindi più vulnerabili ai fattori esterni quale l’inquinamento, il sovradosaggio di ormoni assimilati, le profonde modificazioni ambientali. Questi fattori, che si riflettono sui caratteri peculiari della mascolinità con modalità aggressive quando non violente di reazione allo stress, inducono una crisi sistemica tale da causare disadattamento nella sfera delle relazioni sociali e familiari. Che cosa ci dobbiamo aspettare da queste prospettive nel futuro? Come farsi carico di tale situazione? Le politiche devono operare per ridurre la tossicità dell’ambiente, se hanno a cuore la salute emozionale dell’infanzia e l’arginamento di mutazioni antropologiche dagli esiti inquietanti.

Dopo una breve pausa ristoratrice, i lavori sono ripresi con l’avvio della Seconda Sessione: “Distress e patologia: luci ed ombre”, moderata dalla nostra socia Anna Glorio, ginecologa e da Stefania Russo, radiologa e presidente dell’Ass. Donne Medico. Gli interventi di questa seconda parte sono più specificamente medici.

Si apre con “Quali patologie di genere distress-correlate?” condotto da Xenia Seno, medico di base e Presidente dell’ Ordine dei Medici, che fa un’interessante disamina dei dati regionali relativi alle patologie immunologiche correlate al genere. Appare evidente come nel database relativo alle malattie croniche non sia contemplato il distress mentre, per contro, sia evidente che oltre due terzi delle pazienti femminili lo percepiscano come patologia e come tale la dichiarino al medico curante, anche per interposta persona, quando i disturbi riguardano i maschi di famiglia. La dottoressa illustra poi le sintomatologie con cui si manifesta, dagli attacchi di panico ai disturbi alimentari, alle patologie correlate a carico dell’apparato gastrointestinale e cardiocircolatorio, fino al paradosso, non rarissimo, della malattia come strategia per sottrarsi allo stress da sovraccarico di aspettative. Il distress è dunque femmina, anche se i dati più recenti dicono che il gap di genere si sta, in merito, assottigliando.

Prosegue la disamina del tema Franco Beghè, internista e reumatologo che, con la relazione “Distress e salute immunologica nella donna”, sottolinea come la letteratura clinica presenti dati contrastanti sull’aspetto negativo dello stress, inteso come fisiologica sindrome di adattamento (distress, appunto), e la sua relazione con l’ insorgenza delle malattie immunologiche. Più precisamente, non si può determinare con certezza se esista una correlazione tra eventi stressanti in epoca precedente le manifestazioni cliniche di una patologia autoimmune e l’insorgenza della stessa. Con maggior certezza lo stress può però essere identificato come riacutizzante di patologia (esistono studi, a questo proposito, sulla sclerosi multipla). Le malattie autoimmuni, oltre a implicare una predisposizione genetica sono, in conclusione, più frequenti nelle donne ma le più recenti metanalisi hanno evidenziato come proprio nelle donne, il fattore stress è meno significativamente presente, al momento dell’incidenza, che non nei soggetti maschili.

In conclusione, Franco Manti, docente di Filosofia morale, sottolinea come il ruolo della filosofia riguardi lo “sguardo d’insieme”. “La riflessione pratica: un antidoto contro il distress?” più che una relazione in senso stretto è un’ invito a riflettere sulle considerazioni precedentemente esposte dagli esperti delle varie discipline, non per trarne certezze epistemiche ma per fare dei ragionamenti pratici, cioè relativi all’agire, quindi alla nostra vita, le nostre scelte, la nostra salute e la nostra relazionalità. Il superamento della separatezza tra corpo e mente, l’approccio bio-psico-sociale, l’approccio clinico della medicina di genere come disciplina anche biografico-narrativa, che guarda olisticamente la persona in carne ed ossa, ci fanno riflettere sull’assunzione di responsabilità di ognuno. La competenza etica, da tutti individuabile e perseguibile, è semplicemente chiederci in base a quali ragioni assumiamo decisioni, e già questo è sicuramente un antidoto contro lo stress, indipendentemente dalle molteplici visioni del mondo che possono caratterizzare i singoli individui.

Vero è che da ciò discendono la dimensione politica ed economica che riguardano il bene comune ma, la competenza etica è l’agire con responsabilità per costruire il benessere individuale e sociale in dimensione relazionale, cioè con il prendersi cura, e prendersi cura di se stessi è la conditio sine qua non per prendersi cura autenticamente degli altri.

E questo, il genere femminile, non dovrebbe mai dimenticarlo.

GIAMPIERA  LUPI

Il pubblico nella Sala dei Comuni della Provincia di Imperia

L’interessante approccio socio-antropologico della dott.ssa ANNA MIGLIARESE

L’intervento “filosofico” del prof. FRANCO MANTI

La nostra socia ENRICA CHIARINI, qui in veste di rappresentante del Comune, si rivolge alla Presidente LUISA RAINERI e alla Past-Presidente MARA IACOPOZZI

La Presidente tra ALESSIA RIELLO e REBECCA SEMERIA, preziosissime hostess e, ci auguriamo, future “energie” del Club!